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Grid parity. È questa l’espressione chiave per la nuova EOS Investment Management.

Le energie rinnovabili sono finalmente un business fatto e finito, maturo, al punto da sostituire totalmente, in un futuro sempre più prossimo, le fonti tradizionali. Gli incentivi pubblici non servono più. E le attività green non sono più terreno per anime belle o per chi vuole “farsi un’immagine” perché tanto paga Pantalone. È un settore economico a tutti gli effetti, crea ricchezza e occupazione. Ed è alla base del piano di aiuti varato dall’Unione Europea per far uscire l’economia continentale dal pantano in cui è stata trascinata dal Covid-19.

Su questi pilastri, posti diverso tempo fa, è cominciata la nuova fase di EOS IM. Ne abbiamo parlato con Ciro Mongillo, amministratore delegato e founding partner della società.

Quali sono i numeri attuali di EOS IM? Impianti sviluppati, investimenti?

EOS IM è una società di gestione specializzata in alternative asset con due strategie di investimento prevalenti: SME private equity e infrastrutture con focus su energie rinnovabili. Nelle infrastrutture energetiche siamo attivi con due fondi di investimento, che contano su un portafoglio di 37 impianti, 18 eolici e 19 fotovoltaici, di cui tre è stata da poco avviata la costruzione, La potenza complessiva si attesta sui 135 megawatt e il valore degli asset eccede i 200 milioni di euro. Questo al netto della recente cessione di un portafoglio di 23 impianti fotovoltaici con una potenza istallata di 17 megawatt, a cui si aggiunge un rilevante progetto di efficienza energetica ancora in portafoglio.

Dopo i cantieri aperti nel Lazio, avete in programma il lancio di altri parchi fotovoltaici?

Senz’altro. Durante la fase di preparazione del nostro secondo fondo, EOS ReNewable Infrastructure Fund II e ben prima del suo lancio, abbiamo messo le basi per rafforzare ulteriormente la nostra area sviluppo, permettendoci di avere ora visibilità su progettualità per oltre 1 gigawatt di potenza, Questo aspetto è particolarmente importante, perché permette, di fatti, di comprimere il naturale gap temporale tra le decisioni e allocazioni di investimento e la produzione di reddito per i nostri investitori, fenomeno tipico del life-cycle nei settori infrastrutturali. Infatti, a distanza di poche settimane dal primo closing del nuovo fondo, abbiamo dato inizio alla costruzione dei tre impianti nel Lazio, tra i più grandi in Italia, che segnano, di fatto, un punto di svolta nel mercato delle rinnovabili, con la realizzazione di impianti di dimensione “industriale” o “utily-scale”, in assenza di regimi di incentivazione sulla tariffa energetica. In tal senso lo possiamo considerare a tutti gli effetti un progetto “apripista” più che un “progetto pilota”: il nostro target rimangono impianti con queste caratteristiche, quelle che peraltro per efficienza e performance sono maggiormente in grado di contribuire fattivamente agli obiettivi dell’agenda verde europea.

Qual è l’obiettivo di raccolta del vostro secondo fondo e quale sarà la strategia di investimento?

EOS ReNew Fund II nasce dall’esperienza del nostro primo fondo che ha investito 65 megawatt di asset fotovoltaici ed eolici in Italia e del team che ha un Dna internazionale, con una storia unica di iniziative di sviluppo di impianti in “grid-parity”. Il fondo ha un target di 250 milioni di euro, principalmente rivolto a investitori istituzionali, parte dei quali hanno partecipato al primo closing, oltre ad una clientela privata professionale. Il segmento target, ovvero quello dello sviluppo di infrastrutture energetiche basate su fonti rinnovabili con vendita dell’energia prodotta sul libero mercato, rappresenta una significativa opportunità di investimento perché permette di svincolare in modo sensibile l’asset dal rischio regolamentare, che, in tutti il mondo, pone criticità in termini di sostenibilità nel lungo periodo. indubbiamente, poi, questa asset class, in particolare se a vocazione greenfield, rappresenta un’opportunità di creare valore finanziario, ma, al contempo, contribuire fattivamente alla crescita dell’economia reale, allo sviluppo delle comunità locali e al raggiungimento degli obiettivi detta transizione energetica.

Dopo la cessione di impianti a Obton avete in cantiere altre operazioni di vendita?

Siamo molto soddisfatti della transazione conclusa con Obton e fa sempre molto piacere che un gruppo internazionale, leader negli investimenti in tecnologie sostenibili e primario player nel Nord Europa, abbia messo a radar investimenti localizzati in Italia e che abbia positivamente valutato gli impianti in portafoglio al primo fondo EOS IM. Il nostro obiettivo rimane quello della massima valorizzazione di valore per i nostri investitori, che continuano a beneficiare di ritorni prevedibili e una stabile produzione di proventi. Questo portafoglio ha beneficiato di ampi interventi di revamping degli impianti, di efficientamento dei costi di maintenance, di rifinanziamenti selettivi per cogliere l’opportunità offerte da un contesto di bassi tassi di interesse: c’è grande appetito sul mercato secondario, al momento opportuno valuteremo ulteriori cessioni, ma siamo e rimaniamo investitori pazienti senza alcun vincolo di “vendite accelerate”.

In che modo le tematiche Esg stanno influenzando le politiche di investimento?

Non parlerei di influenza nel caso di EOS IM perché la sostenibilità è intrinseca nella nostra scelta di puntare da sempre ad un approccio industriale, con una visione della finanza che guarda all’economia reale, quella che può trainare occupazione e sviluppo per le comunità locali in questa importante transizione energetica di cui tutto il mercato della green energy è senz’altro protagonista. Ci poniamo come promotori di un’innovazione sostenibile, superando il tradizionale compromesso tra performance finanziaria e rispetto dei più elevati standard ambientali, sociali e di governance. Ritornando agli impianti appena acquisiti dal nuovo fondo, offriranno occasione di occupazione per oltre 120 persone, tra costruzione e gestione, con ricorso a risorse locali ogni volta che sia possibile. Tutto questo in un periodo di grandi crisi economica dovuta alla pandemia. Non vorrei sembrare ripetitivo, ma è importante per il settore una lettura, per certi versi, “differenziale”: l’approccio all’investimento in fase di sviluppo e in assenza di sussidi, che è il nostro focus, ha un impatto ambientale e sociale ancora maggiore, proprio perché gli obiettivi di generazione di energia da fonti non inquinanti possono essere raggiunti senza un costo diretto a carico del bilancio pubblico o dei tax payers. In una logica virtuosa, sono gli investitori che contribuiscono a una vera transizione energetica, grazie anche ai progressi della tecnica finanziaria e dell’innovazione tecnologica. Dal un punto di vista dell’industria del private capital, poi, questo è un momento cruciale sul fronte della sostenibilità, visto l’approssimarsi delle nuove normative come “SFDR” e la “Taxonomy”, che hanno la stessa portata della MIFID o dell’AIFMD, quindi, con sfide tecniche rilevanti, ma che nel lungo periodo premieranno i player e gli investitori genuinamente focalizzati sulla sostenibilità.

Ci sono differenze nelle politiche energetiche fra l’Italia e il resto d’Europa?

Le politiche energetiche italiane sono allineate a quelle degli altri Paesi dell’Unione Europea, Nel dicembre 2019, la Commissione Europea ha pubblicato la comunicazione sul “Green Deal Europeo”, che ha riformulato. su nuove basi, l’impegno di tutti gli Stati membri dell’Unione ad affrontare i problemi legati al clima e all’ambiente e, in tal senso, è destinato a incidere sui target della strategia per l’energia e il clima, già fissati a livello legislativo nel “Clean Energy Package”, In modo idealmente uniforme, la Commissione prevede un piano dazione finalizzato a trasformare l`Ue in un’economia competitiva e contestualmente efficiente sotto il profilo delle risorse, che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra. È il primo continente, non un singolo Stato. a impegnarsi così fortemente verso la “net-zero emissions” o “neutralità”. Sono previsti un ampio spettro di interventi che insistono prioritariamente sulle competenze degli Stati membri e in cui l’energia rinnovabile ha di certo un ruolo chiave. Per certo, sull’attuazione del “Green Deal” e sulle risorse finanziarie destinate a realizzarlo, ha inciso la crisi pandemica, ma. d’altro canto, le risorse destinate da EU Next Generation EU ei piani di resilienza e rilancio degli Stati membri potranno offrire il vero volano per un’Europa più digitale e più verde.

Oltre a Capital Dynamics, con quali altri investitori collaborate?

Il fondo è idealmente destinato a investitori, come assicurazioni, operatori previdenziali e altri asset owners, che prediligano una strategia di investimento in grado di offrire stabilita e robustezza dei flussi di cassa durante l’holding period, ma in grado di massimizzare il rendimento all’uscita, con una logica tipica del private equity. Collaboriamo e siamo aperti a ulteriori opportunità di sviluppo con investitori che condividano con noi l’approccio industriale e la disciplina finanziaria tipica dei player leader in questo settore, con l’obiettivo di conseguire sinergie derivanti dalla messa a fattor comune dei propri network in termini, per esempio, di fornitori chiave, off-takers, metodologie Esg. Ammetto, poi, che per noi resta l’obiettivo “morale” di convogliare l’interesse di investitori e co-investitori internazionali nell’economia italiana.

Tra i Paesi europei in cui operate, dove avete maggiori difficoltà e dove invece si riesce a operare meglio?

Il focus geografico del fondo è il Sud Europa, ma di fatti l’Italia rimane prevalente, vista la nostra conoscenza specifica del mercato locale e il vantaggio naturale dettato da situazioni ottimali di irraggiamento per gli impianti solari al punto da garantire sostenibilità economica anche in assenza di incentivi statali. Purtroppo, non possiamo negare che l’Italia non eccelle, nel quadro europeo, per grado di articolazione dei processi autorizzativi: forse quello che ancor di più rende complesso lo sviluppo del settore, in Italia, è la frammentarietà del modo in cui le diverse regioni approcciano, regolano e organizzano le procedure autorizzative, impedendo il conseguimento di economie di scopo e rendendo più difficile la programmazione degli investimenti. Ma, come detto, le risorse e la spinta alle semplificazioni che deriveranno dai piani di rilancio europei, nei diversi Stati, Italia inclusa. potranno rappresentare un ulteriore upside per chi come noi crede in questo settore.

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